Gerusalemme di Nathaniel Green Everett (1884)

 

 

 

Su questa terra

Su questa terra esiste qualcosa per cui valga la pena vivere: il ritornare di aprile, il profumo del pane all’alba, il punto di vista di una donna sugli uomini, gli scritti di Eschilo, l’inizio dell’amore, l’erba su una pietra, le madri in piedi sul filo di un flauto, e la memoria che impaurisce gli invasori.
Su questa terra esiste qualcosa per cui valga la pena vivere: la fine di settembre, una donna che lascia i quarant’anni nel pieno della propria grazia, l’ora d’aria in prigione, le nuvole che prendono le sembianze di uno stormo di creature, i canti del popolo per coloro che muoiono sorridendo e la paura che hanno i tiranni delle canzoni.
Su questa terra esiste qualcosa per cui valga la pena vivere: su questa terra esiste la signora delle terre, la madre degli inizi e la madre delle fini. Il suo nome era Palestina, il suo nome è di nuovo Palestina. Mia signora: è proprio perché sei la mia signora, che sono degno di vivere.

 

Su questa terra è una poesia di Mahmoud Darwish (محمود درويش) tratta dal poemario Meno rose, che io ho nell’edizione in spagnolo. Sul web ho trovato la traduzione all’italiano di Saleh Zaghloul. 

 

Palestina di John Martin (1840)

 

 

Noi distruggiamo noi stessi (e ben presto cancelleremo definitivamente tutti i nostri simili) proprio in conseguenza delle “nobili aspirazioni” che abbiamo forgiato: a causa della malattia religiosa. A causa del bisogno impellente di essere “salvati”. Della follia di redenzione. Che cosa è in fondo la follia della redenzione? Solo una maschera della completa assenza di basilare propensione alla vita. Quello di cui è dotato qualunque gatto. Mentre noi, come le balene che si gettano sulla riva per un impulso suicida di massa, soffriamo di una incalzante degenerazione alla facoltà di vivere. Donde l’urgenza popolare di distruggere e perdere ciò che abbiamo per aprire la via verso chissà quale fantasia di redenzione mai esistita e tutto sommato irrealizzabile. Per sacrificare beatamente la nostra vita, bruciare in estasi il nostro prossimo, a beneficio di una illusoria chimera che ci pare una “terra promessa”. Una specie di miraggio considerato “più sublime della vita stessa”

Queste sono parole di Alec Gideon, personaggio del romanzo La scatola Nera di Amoz Oz (עמוס עוז), nella traduzione di Elena Loewenthal.

 

 

Basilica del Santo sepolcro di Nathaniel Everett Green (1884)

 

 

Valle El-Leja, Palestina, di Conrad H.R. Carelli, prima metà del XX secolo. Dovrebbe essere uno scorcio della valle un tempo chiamata Traconitide, oggi El Leja – cioè il rifugio –, una regione lavica e rocciosa situata a est del fiume Giordano, nella parte meridionale della Siria.